La protezione civile

La protezione civile in Italia è organizzata in un “Servizio Nazionale”, un sistema complesso che comprende tutte le strutture e le attività messe in campo dallo Stato per tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni che derivano da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi. Le attività del sistema sono la previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio, il soccorso alla popolazione ed ogni attività diretta a superare l’emergenza.

Negli anni, la competenza in materia di protezione civile è progressivamente passata dallo Stato agli enti locali. Le tappe principali di questo processo sono state il decreto legislativo n. 112 del 1998 e la modifica del titolo V della Costituzione con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001. Da allora la protezione civile è materia di legislazione concorrente, quindi, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, il potere legislativo spetta ai Governi regionali.
Il Dipartimento della Protezione Civile, incardinato nella Presidenza del Consiglio dei Ministri, indirizza le attività delle componenti e delle strutture operative del Servizio Nazionale di protezione civile, e in caso di dichiarazione dello stato di emergenza, le coordina, in accordo con i Governi regionali.

I rischi

Ai fini di protezione civile, il rischio è rappresentato dalla possibilità che un fenomeno naturale o indotto dalle attività dell’uomo possa causare effetti dannosi sulla popolazione, gli insediamenti abitativi e produttivi e le infrastrutture, all’interno di una particolare area, in un determinato periodo di tempo.
Il concetto di rischio è legato non solo alla capacità di calcolare la probabilità che un evento pericoloso accada, ma anche alla capacità di definire il danno provocato. Rischio e pericolo non sono la stessa cosa: il pericolo è rappresentato dall'evento calamitoso che può colpire una certa area (la causa), il rischio è rappresentato dalle sue possibili conseguenze, cioè dal danno che ci si può attendere (l’effetto).

Per valutare concretamente un rischio, quindi, non è sufficiente conoscere il pericolo, ma occorre anche stimare attentamente il valore esposto, cioè i beni presenti sul territorio che possono essere coinvolti da un evento.
Il rischio quindi è traducibile nella formula: R = P x V x E
P = Pericolosità: la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi in un certo periodo di tempo, in una data area.

V = Vulnerabilità: la vulnerabilità di un elemento (persone, edifici, infrastrutture, attività economiche) è la propensione a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento di una certa intensità.

E = Esposizione o Valore esposto: è il numero di unità (o "valore") di ognuno degli elementi a rischio presenti in una data area, come le vite umane o gli insediamenti.
L’Italia è un paese geologicamente recente. Da questa sua “giovinezza” deriva la particolare dinamicità del suo territorio, ad alto rischio di calamità naturali, dai terremoti alle eruzioni vulcaniche. Ai fenomeni naturali si uniscono quelli causati dall’attività dell’uomo, spesso legati a una cattiva gestione del territorio.

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